La sindrome di Napoleone affligge molti manager, ma è particolarmente pericolosa quando colpisce chi arriva a capo di una multinazionale o comunque di un’azienda di grandi dimensioni che la proprietà vuole riorganizzare.
I sintomi non si manifestano subito, il top manager napoleonico è brillante ed ha avuto una carriera di successi. Su certe zone oscure nel passato del personaggio gli azionisti preferiscono non indagare, contenti di aver trovato chi promette di risolvere i loro problemi.
Il primo sintomo che si manifesta è l’assunzione di una serie di middle manager provenienti dalle aziende dove il nostro ha lavorato prima. Sono i “suoi” uomini, ma non necessariamente i migliori sul mercato. Persone su cui lui sa di poter contare perché gli dicono sempre di sì.
Per il nostro Napoleone l’azienda, prima del suo arrivo, è l’ancien régime da abbattere. Bisogna conquistarla e rinnovarla. Il suo progetto di riorganizzazione è grandioso e perfetto. Peccato però che non tenga conto del fatto che, se l’azienda fino ad oggi ha funzionato ed è cresciuta, forse non tutti quelli che ci lavorano sono degli incompetenti e sarebbe meglio consultarli e coinvolgerli.
Ma questa scelta di buon senso potrebbe modificare il progetto, mentre ciò che Napoleone pensa e decide è, per definizione, perfetto. I suoi yes man glielo confermano di continuo.
Quando il piano di riorganizzazione parte succede il guaio. Dipartimenti e filiali, commerciali e amministrativi segnalano le problematiche e i necessari adattamenti. Lo fanno perché il progetto di riorganizzazione funzioni al meglio, nell’interesse dell’azienda di cui spesso sono veri patrioti. Ma invece che trovare ascolto e collaborazione trovano un muro di ostilità. Gli yes man attorno a Napoleone, scollegati come sono dalla percezione reale dei processi, vivono le proposte come se fossero delle critiche al loro progetto. Reagiscono male e segnalano a Napoleone come manifestazioni di resistenza al cambiamento e di indisciplina le proposte costruttive che arrivano dai reparti.
Le conseguenze sono ovvie. La comunicazione si blocca, i tempi si allungano, le funzioni verso il cliente si inceppano. L’azienda soffre e rischia. Si bruciano efficienza, competitività, motivazione delle persone.
Forse solo allora chi ha assunto Napoleone si rende conto che era meglio assumere un “servant leader” concetto che amo molto e di cui parleremo un’altra volta.