“I quattrocento colpi” di François Truffaut

“I quattrocento colpi”, del 1959, è il primo lungometraggio di François Truffaut ed uno dei grandi classici del cinema. Il titolo italiano non ha senso perché traduce alla lettera l’espressione francese intraducibile “faire les quatre cents coups” che significa fare un gran casino, andare contro le regole, fare il diavolo a quattro. Anche il doppiaggio non è all’altezza dell’originale ed è consigliabile vedere il film in francese, eventualmente con l’aiuto dei sottotitoli.

Antoine Doinel, il protagonista dodicenne interpretato da Jean-Pierre Léaud, che sarà l’alter ego del regista anche in film successivi, vive esperienze simili a quelle vissute da Truffaut nella sua difficile infanzia.

Sta con la madre, che non lo ama, e con il patrigno in uno squallido e minuscolo appartamento. Dorme in un sacco a pelo in una specie di cubicolo. A scuola è vessato da un maestro autoritario. Nel tentativo, costantemente fallimentare, di crearsi una sua autonomia e una sua libertà Antoine si mette progressivamente nei guai, fino a compiere maldestramente un furto e finire in riformatorio. Su questa trama, attorno ad Antoine ed alla sua innocente e tenace ricerca di libertà, si intrecciano episodi e personaggi di un film denso di vita.

Influenzato dal neorealismo italiano il film è considerato uno dei manifesti della Nouvelle Vague. I piani sequenza, le inquadrature, il montaggio sono ancora attualissimi e rendono il film avvincente e veloce. La fotografia ci immerge splendidamente in una Parigi fredda e grigia. La recitazione del giovanissimo Léaud toglie ogni pietismo al personaggio di Antoine, pur facendocelo amare.

Quando Antoine scappa dal riformatorio, e corre verso il mare che non ha mai visto, la sua corsa diventa la nostra. E l’inquadratura finale in cui Antoine, con il mare alle spalle, fissa lo sguardo sullo spettatore resta uno dei momenti più belli di tutta la storia del cinema.

25 aprile

Fascisti

lemuri immondi

pallidi morti in sembianze di vivi.

State lontano da noi

e dal nostro semplice cercare se c’è del buono.

A voi non interessa.

I nostri padri in armi vi videro morti

quando vinse di nuovo la luce, e il colore del giorno.

Con orrore vi abbiamo visto risorgere

in Grecia, in Cile, Argentina

ancora a nutrirvi di lacrime e sangue

necrofili ansimanti di voglie oscene.

Chiudetevi nelle grotte profonde e orribili

dove riposano i corpi putrefatti

dei vostri idoli

dove le svastiche e i fez i fasci e le aquile

corrose e annerite

si addossano alle pareti oscure.

Nutritevi dei vermi che dai quei fetidi corpi

si attentano invano a uscire in grovigli

Voi siete la morte

Noi amiamo la vita

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