Cosa vuol dire oggi sodalizzare con i palestinesi?

Dalla fine degli anni Sessanta la sinistra occidentale ha appoggiato la cosiddetta causa palestinese ritenendola parte del movimento anticolonialista e antiamericano.

Il terrorismo palestinese contro gli ebrei veniva giustificato come guerra di liberazione di un popolo oppresso. 

E’ ancora attuale questa visione?

Negli ultimi decenni, fra i palestinesi, la componente laica e nazionalista è quasi scomparsa fondendosi nella prevalente ideologia islamica estremista di Hamas e degli altri gruppi islamisti

La quasi totalità dei palestinesi di oggi approva gli obiettivi di Hamas e ne condivide i metodi. Tutti i sondaggi, sia in West Bank che a Gaza confermano un’adesione plebiscitaria ad Hamas, attorno all’80%.

Gli obiettivi attuali dei palestinesi sono quindi quelli di Hamas: la distruzione totale di Israele, lo sterminio degli ebrei e l’instaurazione di uno stato islamico “dal fiume al mare” al posto dello stato di Israele.

I metodi si conoscono. Educazione fin da bambini all’odio antisemita, terrorismo, decine di migliaia di missili sparati negli anni sulle città israeliane e infine l’orrore totale della strage del 7 ottobre. E la minaccia di ripeterla.

Almeno i giornalisti, che hanno il dovere professionale di documentarsi e riferire i fatti, dovrebbero essere consapevoli di questa realtà e dovrebbero aver abbandonato ogni visione romantica del mondo palestinese. Dovrebbero capire che Israele è obbligato ad una lotta feroce per la sua sopravvivenza.

Molti di loro non l’hanno capito o non vogliono capirlo.

Giornalisti anche di testate importanti continuano a descrivere i palestinesi sempre e solo come vittime e diffondono acriticamente la loro propaganda. Prendono per buoni i dati diffusi da Hamas, dalle ONG e dalle organizzazioni ONU colluse con i terroristi. 

Vanno a caccia di ogni dettaglio che possa mettere in cattiva luce gli israeliani.

E così alimentano l’odio contro Israele e il crescente antisemitismo.

Gli esempi sono innumerevoli, cito fra i più tipici Francesca Fanuele del TG LA7 che quando parla di Israele cambia addirittura espressione dalla rabbia.

E lancio un sondaggio: Qual è il vostro giornalista antisemita preferito?

Una destra moderna?

Il momento più bello della mia vita fu quando l’ostetrica mi mise in braccio mia figlia appena nata.
Voluta, desiderata, frutto di una scelta consapevole maturata dopo anni precari quando con mia moglie avevamo raggiunto una certa sicurezza sul nostro futuro.
Poi ci sono gravidanze diverse, che non danno gioia. Gravidanze sbagliate, casuali, inopportune. Madri non pronte, situazioni difficili. Cosa c’è di più tremendo per una donna che rinunciare ad un figlio che ha in grembo?

La donna che decide di abortire compie una delle scelte più dolorose, dovrebbe trovare rispetto, supporto, comprensione.

Ammiro, molto, le donne che decidono comunque di continuare la gravidanza. Credo sia giusto, come dice la Meloni, fare di tutto per aiutarle a non abortire. Ma trovo disumano colpevolizzare chi non ci riesce.

Per questo mi sembra orrenda la legge ungherese che vuole obbligare le donne che chiedono di abortire ad ascoltare il battito del cuore del feto.
Che abisso di miseria umana ha dentro chi introduce una simile tortura da infliggere a chi già sta vivendo una sofferenza terribile come è la decisione di abortire?

Per questo mi preoccupa chi ammira Orban, chi ha votato a suo favore contro la condanna dell’Unione Europea, Lega e Fratelli d’Italia, chi condivide la sua visione della società e della persona.

Certo, non ritorneranno in Italia le aquile imperiali e le camicie nere. Ma temo che chi ammira le posizioni di Orban rischi di essere l’erede morale, anche se edulcorato, e forse inconsapevole, dell’Italia peggiore, degli squadristi che cento anni fa partivano sui camion di notte, raggiungevano le cascine isolate e in dieci contro uno uccidevano i contadini socialisti a bastonate davanti alle mogli e ai figli. E poi rientravano a casa ridendo e cantando.
Vorrei tanto una destra diversa, che contribuisca a portare l’Italia avanti, non indietro.

Historia magistra vitae

Per preparare la mia tesi di laurea, sulla poesia propagandistica del regime fascista, passai diversi giorni in biblioteca a consultare raccolte di quotidiani degli anni dal 1934 al 1939.

Erano gli anni in cui il regime si era pienamente consolidato, gli anni della guerra contro l’Etiopia, dell’autarchia. L’epoca dello squadrismo era passata e i massacri compiuti dai vari Balbo e Farinacci erano stati da tempo sostituiti da omicidi mirati, come quello dei fratelli Rosselli, dall’uso del confino per i dissidenti e dall’emarginazione capillare di ogni voce di dissenso.

Il regime, e spesso Mussolini in persona, controllavano e dirigevano minuziosamente la stampa, la radio, il cinema.

Avevo letto una buona quantità di “veline” e di istruzioni del duce inviate ogni giorno ai quotidiani sui più vari soggetti con maniacale precisione.

Conoscevo quindi una realtà che era del tutto ignota a chi tanti anni prima aveva aperto le stesse pagine di quel quotidiano, la mattina di un giorno qualsiasi degli anni trenta.

Scorrendo gli articoli di apertura, fra una pubblicità del Ferro China Bisleri e una della Pastina Glutinata Buitoni, mi chiedevo quale idea della situazione in Italia si poteva fare un italiano medio di allora leggendo quegli articoli.

Avrebbe avuto idee molto chiare. L’Italia stava diventando una grande potenza e riconquistava il suo posto nel mondo nonostante le inique sanzioni delle corrotte democrazie occidentali. Ci espandevamo in Africa portando la civiltà, pazienza se per farlo toccava sterminare un po’ di selvaggi. All’interno, il paese era ordinato e ben gestito. Tutti eravamo fieri di essere italiani e inebriati dal ritorno di un destino imperiale per Roma. Nei riti del regime trovavamo senso di identità e di orgoglio nazionale. Nel suo ufficio in Piazza Venezia, illuminato anche di notte, LUI disegnava il nostro radioso futuro, senza le inutili complicazioni della democrazia parlamentare, diretto e deciso.

Questi piccoli viaggi nel tempo che mi concedevo nelle pause delle mie ricerche bibliografiche mi sono tornati in mente, come un déja-vu, leggendo e ascoltando i giornalisti e gli ideologi russi che, intelligentemente, alcuni nostri opinionisti stanno intervistando in questi giorni rendendo evidenti gli effetti di un controllo ferreo del regime di Mosca sull’informazione. Un controllo che arriva all’eliminazione fisica dei dissidenti.

Colpiscono anche certe somiglianze ideologiche, che, con tutte le debite differenze di epoca e di contesto, sono eclatanti. Il riscatto nazionale, la grandezza da ritrovare, la decadenza dell’occidente corrotto e nemico, l’uomo forte al potere. Forse non è casuale che da parte dei nostri politici più putiniani non si sia mai sentita una critica davvero sincera del fascismo mussoliniano. E purtroppo su questo sottofondo ideologico antidemocratico ha fatto leva con successo la politica antieuropea della Russia.

Morfologia della fiaba. Propp e i no vax

Il saggio “Morfologia della fiaba” (Morfologija skazki) di Vladimir Jakovlevič Propp, venne pubblicato a Mosca nel 1928. Nel 1958 il libro fu tradotto in inglese e Claude Lévi-Strauss fece conoscere a livello mondiale le ricerche di Propp non solo in ambito antropologico ma anche come uno dei testi fondanti per le moderne scienze del linguaggio e della comunicazione. La prima edizione italiana, per Einaudi, è del 1966.

Analizzando le più note fiabe popolari, Propp scoprì che in ognuna di esse ricorrevano tipologie di personaggi e strutture narrative simili.

Propp individua otto tipologie personaggi e trentuno funzioni o situazioni narrative che si intersecano secondo alcuni schemi ricorrenti. Non tutte le funzioni e i personaggi sono sempre presenti ma in ogni fiaba c’è un eroe, un antagonista, un aiutante dell’eroe, prove che l’eroe deve superare, un segreto da disvelare, un premio finale e così via.

Gli schemi ripetitivi delle trame e dei personaggi sono evidenti pur nell’estrema diversità delle ambientazioni.

Se pensiamo alle fiabe più classiche ma anche a favole più recenti come “Il signore degli anelli” o i film di James Bond, avremo immediatamente chiaro che cosa Propp analizza in modo sistematico nella sua ricerca.

Una fiaba, o anche un romanzo che ne imiti la struttura, o un film che proponga schemi analoghi, innescano nel lettore forti meccanismi psicologici di identificazione nel personaggio e negli accadimenti che lo coinvolgono. Gli schemi situazionali e i personaggi evidenziati da Propp toccano infatti corde molto arcaiche e profonde della psiche dell’uomo, ci riportano agli albori della storia umana, alla lotta per la sopravvivenza.

Le scoperte di Propp sono molto utili anche per capire alcuni meccanismi comunicativi che oggi vediamo dispiegarsi nella vita sociale e politica.

In particolare, se si analizzano le narrazioni complottiste secondo gli schemi della fiaba si scoprono evidenti analogie. Il cittadino comune è l’eroe, le multinazionali, i poteri forti, le banche, i governi sono l’antagonista. L’eroe, il cittadino comune, compie un viaggio iniziatico verso la verità. Supera prove per disvelare finalmente i segreti che il perfido antagonista gli tiene nascosti. Ci sono gli aiutanti magici, di solito saggi e incompresi, che scoprono e mostrano all’eroe gli inganni degli scienziati e dei governi asserviti ai cattivi, alle multinazionali.

Mentre nelle fiabe classiche di solito l’eroe è solo, nella affabulazione complottista l’eroe trova un forte riconoscimento sociale interagendo con i suoi simili nei social e nelle piazze. Il premio finale per l’eroe e per i suoi compagni di viaggio sarà la libertà, o meglio la libbbertà, intesa come salvifica rimozione dei vincoli sociali e liberazione da ogni ansia, insicurezza e paura.

Ovviamente, chi vive immerso in una favola vede come un pericolo la razionalità e il principio di realtà perché vanificherebbero il sistema narrativo coerente da cui trae la sua gratificazione ontologica. Come ben sa chiunque ci abbia provato, far ragionare un no-vax è tempo perso. Ed anche una forma di cattiveria. Perché togliere ad un bambino le sue fiabe?

25 aprile

Fascisti

lemuri immondi

pallidi morti in sembianze di vivi.

State lontano da noi

e dal nostro semplice cercare se c’è del buono.

A voi non interessa.

I nostri padri in armi vi videro morti

quando vinse di nuovo la luce, e il colore del giorno.

Con orrore vi abbiamo visto risorgere

in Grecia, in Cile, Argentina

ancora a nutrirvi di lacrime e sangue

necrofili ansimanti di voglie oscene.

Chiudetevi nelle grotte profonde e orribili

dove riposano i corpi putrefatti

dei vostri idoli

dove le svastiche e i fez i fasci e le aquile

corrose e annerite

si addossano alle pareti oscure.

Nutritevi dei vermi che dai quei fetidi corpi

si attentano invano a uscire in grovigli

Voi siete la morte

Noi amiamo la vita

Le scienze della comunicazione e la politica

Nel 1916 usciva postumo il trattato “Cours de linguistique générale” che raccoglie le scoperte e gli insegnamenti di Ferdinand de Saussure. Quel libro è alla base di tutte le acquisizioni scientifiche sulla lingua e la comunicazione che si sono susseguite dal secolo scorso fino ad oggi.

Con l’avvento dei social media, negli ultimi decenni, la scienza del linguaggio ha fatto progressi molto rapidi, divenendo scienza della comunicazione, integrandosi con altre discipline sia di tipo tecnico informatico che psicologico e sociologico.

Oggi viviamo immersi in un flusso costante e massivo di informazioni, non paragonabile, per invasività e dimensioni, a niente di simile che sia mai esistito nella storia umana.

Per chi sa gestire la comunicazione si aprono enormi possibilità di influenza politica e sociale.

Pensiamo, per esempio, a Bannon, a Casaleggio, al fallimento del referendum di Renzi, alla Brexit, ai post martellanti della “Bestia” di Salvini.

Indipendentemente da ogni giudizio politico, dietro ad ognuna di queste realtà ci sono dei team che padroneggiano, con grande professionalità, non solo le tecniche specifiche di gestione dei social media, ma anche le tecniche classiche della retorica e della manipolazione psicologica. La manipolazione socio-politica, sempre esistita, raggiunge oggi livelli mai visti per rapidità ed ampiezza di diffusione.

I risultati sono evidenti. Scelte che non sempre coincidono con l’interesse reale di un paese si impongono e vincono, grazie alla condivisione sociale in larga parte innescata ad arte. Tanto che il concetto classico di rappresentanza democratica sembra sfilacciarsi e perdere di senso.

Milioni di persone vivono immerse ogni giorno in un mare di informazioni, senza possedere gli strumenti culturali necessari per filtrarle con coscienza critica. E’ un fenomeno di cui molti non hanno consapevolezza che sta però cambiando le basi della gestione politica a livello mondiale.

Sarebbe molto importante che elementi basilari delle scienze della comunicazione entrassero nel bagaglio culturale almeno dei giovani, andando a far parte dei programmi scolastici accanto a materie come l’informatica o l’educazione civica.

Intanto, in questi giorni, siamo di fronte ad una novità assai interessante per chi si occupa di comunicazione. Ha molto colpito, positivamente, che Draghi non sia presente sui social. Il suo modo di comunicare, scarno e fattuale, rappresenta una piacevole novità. Dal punto di vista delle scienze della comunicazione sarà molto interessante analizzare come Draghi comunicherà e come il suo messaggio verrà accolto e sostenuto dal pubblico generale.

Ferdinand de Saussure – Heritage images/ Getty Images

MOLLARE FACEBOOK

Anni fa ho smesso di fumare sigarette. Non per paura dei rischi.

Avevo fatto un breve corso di yoga e un esercizio consisteva nel respirare lentamente, assaporando l’ingresso piacevole dell’aria fresca nei polmoni.  Lo ripetevo ogni volta che mi veniva voglia di fumare.

Un’abitudine piacevole al posto di un atto vuoto e compulsivo.

Ci sono tante cose più “fresche” e piacevoli da fare, nel tempo libero, invece che stare su FB. Passeggiare, leggere un buon libro e tanti altri piaceri della vita.

FB non è piacevole, i “superstimoli” che genera, il meccanismo psicologico di superficiale riconoscimento sociale, danno assuefazione. Esattamente come il fumare compulsivo.

Certo, è bello essere in contatto con amici lontani che non vedi da anni.  Ma è vero contatto?

Su Linkedin ho una rete importante di rapporti professionali, ma a cosa mi serve concretamente FB?

MI piace scrivere fesserie, recensioni di improbabili ristoranti milanesi di cucina uzbeka o descrizioni di idilliaci paesini inesistenti della Lucania. Ma ho la mia pagina francobartoli.it dove posso scrivere tutte le bischerate che voglio con il vantaggio che nessuno le legge.

Quindi ho deciso di sospendere  la mia pagina FB. Non la elimino, perché sarebbe estremistico, ma un periodo di aria fresca ci sta.

Mi dispiace per Zuckerberg, spero non se ne abbia a male

Ciao !

LA FACILE GLORIA DEI GIORNALISTI FALLITI

Tornare in redazione da inviato di guerra, coperto di gloria, fra l’ammirazione dei colleghi, è il sogno di ogni giornalista.

Trattandosi di un’attività scomoda e pericolosa, i corrispondenti di guerra veri sono in realtà pochissimi.

Ma c’è, da qualche anno, il surrogato perfetto: Il conflitto fra Israeliani e Palestinesi.

Si prende un accreditamento con gli israeliani, uno con i palestinesi. Poi ci si arruffiana un po’ con gli uffici stampa “palestinesi” per sapere dove andare e a che ora.

Al momento giusto ci si mette un bel giubbotto antiproiettile e l’elmetto con la scritta “press”, inutili ma molto scenografici, si lascia l’albergo di lusso in centro, si monta in taxi con l’operatore e via verso la gloria.

Le occasioni per un bel pezzo ad effetto non mancano mai in Cisgiordania perché di “giorni della rabbia” è pieno il calendario.
Sostanzialmente le proteste di strada sono diventate attività di routine ogni venerdì, ritualizzate e con una coreografia consolidata da anni. Coinvolgono sempre i soliti professionisti della protesta, e sono sempre una fonte di riprese e foto di grande effetto.

L’Autorità Palestinese, infatti, investe molto in queste azioni e relativa propaganda per distrarre la propria gente dal fallimento di anni di corruzione e malgoverno. Usano anche operatori e registi professionali, così, se il reporter occidentale ha pure mancato la ripresa, gliela forniscono loro pronta e già montata.

Il guaio è che, per una foto ad effetto, per un pezzo di colore, per una sofisticata analisi di situazioni di cui non capiscono un cazzo, questi “giornalisti” da operetta fomentano, in occidente, una visione che allontana la pace perché dà una grossa mano alle fazioni più violente, terroristiche e corrotte del mondo palestinese, inclusi gli assassini di Hamas.

Volete una conferma?
Avrete notato la delusione che traspare in questi giorni in molti giornali perché non si è verificato il disastro che doveva seguire, in Israele e Cisgiordania, alla decisione di Trump ?

Chi, nei giornali, si aspettava giorni e giorni di foto spettacolari e ghiotti titoloni ad effetto per aumentare le tirature non li ha avuti, per fortuna.

La realtà è che la maggior parte degli arabi cittadini israeliani e quelli della Cisgiordania, sono sempre più critici con gli islamisti fanatici e i politici palestinesi iper-corrotti che li hanno ghettizzati per anni. Secondo i sondaggi, la maggioranza di loro vorrebbe solo, come gli israeliani, avere una vita normale, forse meno eroica ma pacifica e serena.

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